Spesso mi è capitato di ascoltare racconti di pazienti che si sono sentiti “messi da parte” per la nascita di un fratello/sorella minore, defraudati delle attenzioni della mamma nei primi anni di vita, in un momento di grande necessità.
Quel perduto affetto materno, esclusivo fino a quel momento, si è trasformato in un senso di mancanza e la paura di non essere abbastanza considerati li ha accompagnati anche negli anni successivi.
In questi racconti emerge una frase ricorrente: “E io?”
Questa domanda congela la loro attenzione su quello che manca in confronto a chi ha, senza considerare se c’è realmente il bisogno di avere quella cosa.
L’invidia o la gelosia per ciò che gli altri hanno, sono portatrici di sofferenza per una sorta di attaccamento al “desiderato“.
L’attaccamento non ci permette di fare esperienza di noi stessi. Pensiamo agli accumulatori seriali: non si rendono conto del danno che si procurano vivendo in ambienti che li privano di spazio e energia.
Deepak Chopra, nel libro “Le Sette Leggi Spirituali del Successo” scrive:
“L’attaccamento al denaro genera sempre insicurezza, indipendentemente dal conto in banca. Alcune delle persone maggiormente insicure sono quelle che hanno più soldi”.
Alcune persone molto ricche possono vivere con la paura di perdere il denaro che hanno, arrivando a rinunciare a fare esperienze nutrienti e a realizzare i loro desideri.
“La ricerca della sicurezza, della certezza, non è altro che un attaccamento a ciò che è noto. Siamo attaccati al noto, al nostro passato, nell’attaccamento non c’è possibilità di evoluzione, c’è stagnazione”.
Riprendendo l’esempio dei fratelli, ci può essere un attaccamento ad un’idea di noi stessi e dell’altro che ci tiene in una posizione stagnante.
Chi si è sentito deprivato dell’affetto materno nei primi anni della sua vita in seguito all’arrivo di un esserino bisognoso di attenzioni, può continuare a provare invidia per il fratello minore anche negli anni successivi, anche da adulto, proprio per l’attaccamento all’immagine che ha di se stesso, cioè di persona deprivata, nonostante le situazioni possano nel tempo essere mutare.
“Il terreno fertile per l’evoluzione verso la creatività è la libertà e l’incertezza. L’ignoto è il campo di possibilità sempre originali, sempre diverse, sempre aperte a nuove manifestazioni”.
Noi temiamo l’incertezza, che però ci porta ad esprimerci in modi nuovi, creativi e diventa un punto di partenza.
Focalizzandoci su ciò che pensiamo di non avere, in confronto agli altri, perdiamo l’occasione di sviluppare nuove possibilità per realizzare noi stessi.
Alla prossima istantanea