In questo periodo post lockdown, mi sono ritrovata oberata di lavoro, con poco tempo da dedicare a varie cose, tra cui le “istantanee di felicità” e questo mi ha fatto percepire, in alcuni momenti, uno stato di agitazione, di timore di non fare abbastanza o abbastanza bene.
Le identificazioni con i ruoli
Fortunatamente, ora riesco a percepire in poco tempo i miei stati emotivi e a quali pensieri sono collegati e mi è tornato in mente quello che avevo letto nel libro “Tutt’uno con la vita” di Eckhart Tolle sulle identificazioni:
“La verità ultima di chi siete non è io sono questo o io sono quello, ma è IO SONO”.
Per cui, se inizio a preoccuparmi di qualche cosa, sento che non sto fluendo con ciò che mi succede, ma sono preoccupata di dimenticarmi di qualcuno, di non dare le risposte che gli altri desiderano e che qualcuno possa sentirsi trascurato.
Quindi, quando inizio ad agitarmi ora capisco che non sto fluendo con la mia energia, dove tutto si svolge naturalmente. Mi preoccupo del mio ruolo come professionista, di non deludere gli altri, di non avere abbastanza pensieri per tutti.
Un altro elemento di preoccupazione di cui sento parlare moltissimo ora, in questa estate del dopo lockdown in cui si è mangiato di più, è la forma fisica. Ci siamo ritrovati con più peso, perché non si è fatta abbastanza attività fisica e quindi la preoccupazione di molti è la prova costume.
A proposito di questo, in un altro brano dello stesso libro Tolle ci dice:
“Eguagliare l’IO con il corpo fisico percepito dai sensi, destinato ad invecchiare e a perdere vitalità e a morire, presto o tardi conduce alla sofferenza. Evitare l’identificazione con il corpo non significa trascurarlo o disprezzarlo o non prendersene più cura. Se è forte, bello e vigoroso potete godervelo e apprezzare queste qualità finché durano.
Potete anche migliorare le condizioni del corpo con il movimento o con una dieta sana, se non scambiate il vostro corpo con chi siete realmente. Quando la bellezza svanisce, il vigore diminuisce, le sue capacità decrescono, questo non avrà alcuna influenza sul senso del vostro valore o sulla vostra identità.
Infatti quando il corpo comincia a indebolirsi, la dimensione senza forma, la luce della coscienza può risplendere più facilmente attraverso la forma che si sta indebolendo”.
Questa è una prima forma di attaccamento, e nella nostra cultura, inseguendo la bellezza, a volte, ci perdiamo la possibilità di diventare più saggi.
Proprio l’eccessiva attenzione che mettiamo a quello che rappresentiamo fisicamente, ci fa un po’ distrarre da quello che sentiamo e quindi dalla possibilità di approfondire i nostri stati d’animo, mentre invece sarebbe più utile fare un lavoro di conoscenza della nostra parte interiore per poter invecchiare meglio.
I segni del tempo inizio già a vederli sulla mia pelle, ma mi rincuora molto il lavoro interiore che sto facendo, perché preoccuparmi solo del mio aspetto esteriore mi porterebbe a soffrire inutilmente, in quando non è possibile seguire in eterno i canoni di bellezza dettati dalla nostra società.
Invecchiare con saggezza, invece, mi fa apprezzare sempre più la vita e quella che divento ogni giorno. E’ come se mi sentissi in buone mani.
Come liberarci dalle identificazioni
Come facciamo a liberarci dall’attaccamento alle cose?
Tolle dice: “Non provateci nemmeno. E’ impossibile. L’attaccamento alle cose cade da solo nel momento in cui non cercate più di trovare voi stessi in esse. Nel frattempo siate solamente consapevoli del vostro attaccamento alle cose.
A volte potrete anche non sapere di essere attaccati ad una cosa, vale a dire identificati con questa, fino al momento in cui la perdete o temete di perderla. Se allora vi turbate, diventate ansiosi e via dicendo, vuol dire che siete attaccati.
Se siete consapevoli di essere identificati con una cosa, l’identificazione non è più totale.
Io sono la consapevolezza che è consapevole che vi è attaccamento.
Questo è l’inizio della trasformazione della coscienza”.
Ecco, questo è quello che sto cercando di fare. Sentire quando sono tesa mi fa capire che c’è qualcosa che non va, mi sto preoccupando troppo e quindi sono probabilmente attaccata ad un ruolo, che sia quello di essere una buona sorella, una buona moglie, una buona amica, una buona professionista.
Se sento tensione è perché mi sto preoccupando e questo per me è un segnale.
Proviamo a capire dove abbiamo un attaccamento, dove non c’è una totale accettazione del nostro essere. Ognuno di noi, in alcuni momenti ha piacere di fare una certa cosa, in altri momenti no e non ci si deve di sentire in colpa se non siamo d’accordo con chi è vicino a noi.
Accettare il nostro essere, il nostro sentire, anche se vuol dire andare contro corrente alle scelte che fanno le persone vicino a noi, è la risposta più adeguata.
Alla prossima istantanea.