Alcune persone mi chiedono il perché non riescono a meditare o ritengono di non essere in grado di meditare nel modo giusto.
L’atto del meditare è un’esperienza personale, non c’è un modo giusto ed uno sbagliato, tutto quello che ci arriva durante la meditazione è da accogliere con consapevolezza e senza giudizio.
Nel capitolo “Non c’è un modo giusto” del libro “Dovunque tu vada, ci sei già” di Jon Kabat-Zinn, il padre della Mindfulness, che è una delle tante metodologie di meditazione, fa il paragone tra la meditazione formale statica e il camminare.
Ad esempio quando si cammina in un sentiero impervio, con delle difficoltà, non ci chiediamo costantemente se stiamo facendo il passo giusto o sbagliato, sembra che i nostri piedi sappiano come muoversi e tutto questo avviene piuttosto spontaneamente.
Il collegamento tra il cervello e il movimento dei nostri piedi è funzionale all’atto che vogliamo compiere, se vogliamo appoggiare tutto il piede o solo la punta.
Aiutiamoci nella riflessione con le sue parole:
“nella pratica meditativa è meglio attenersi e rendere omaggio alla propria esperienza diretta, senza domandarsi con eccessiva preoccupazione se questo è quanto si ritiene si debba sentire, vedere o pensare. Perché non fidarvi dell’esperienza personale in quel momento, come vi affidereste al piede per mantenere l’equilibrio quando camminate sulle rocce?
Se praticherete questo tipo di fiducia di fronte all’insicurezza e alla forte propensione a rivolgervi ad un’autorità, che legittimi la vostra esperienza con la sua benedizione, scoprirete che lungo il cammino accade qualcosa di natura sempre più profonda.”
Il nostro scopo nella meditazione è quello di ampliare la nostra consapevolezza in un dialogo consapevole con noi stessi, le nostre strade sono assolutamente personali, anche se avranno sempre qualcosa in comune con quelle degli altri.
I nostri vissuti sono unici perché derivano dalle esperienze personali del passato e l’interpretazione delle parole che ascoltiamo durante le meditazioni è diversa per ognuno di noi. Allo stesso modo, nella lettura dei libri che vi propongo, ognuno di noi ha le sue interpretazioni soggettive:
L’autore consiglia un esercizio:
“prendete coscienza di tutte le volte in cui, durante la meditazione, avete pensato ‘mi comporto nel modo giusto?…è così che dovrei sentirmi?…è questo che dovrebbe accadere?’. Invece di tentare di rispondere a queste domande, indagate più profondamente nel momento attuale, espandete la vostra attenzione proprio ora, nel momento presente.
Ricercando in profondità quale sia il momento presente e quello che state vivendo nel momento presente, assicuratevi la continuità della consapevolezza, consentendo che un istante si evolva in quello successivo, senza analizzare, dibattere, giudicare, condannare o dubitare. Limitandovi semplicemente a osservare, abbracciare, aprire, lasciar correre, accettare. Solo questo passo, solo questo momento”
Questo è il punto fondamentale della meditazione formale: imparare a fare quello che ci aiuterà anche nella nostra quotidianità, nella meditazione informale, cioè essere consapevoli delle nostre emozioni, momento per momento, accogliendo qualsiasi cosa vediamo in noi stessi, senza giudicare e lasciando andare.
Questo impegno all’inizio ci chiederà un piccolo sforzo, ma giorno dopo giorno diventerà sempre più semplice applicarlo e ci accorgeremo presto che è la strada migliore per affrontare la vita con maggior serenità.
Alla prossima istantanea