Dario Canil, nel libro: “Avrah Ka Dabra- Creo quello che dico” ci fa una fotografia di come la maggior parte di noi vive quotidianamente.
“La tipica giornata del moderno uomo occidentale è intrisa di suoni, rumori, e infinite parole. Ovunque ci si rechi, qualcosa o qualcuno ci impegna ad ascoltare e, come abbiamo visto, quando l’ambiente ci offre un po’ di quiete, ci pensa la mente a tenere alto il ritmo della favella.
Il silenzio spaventa, non sembra tollerato nemmeno in ferie. Il silenzio mette in luce la dipendenza delle parole. La nostra assuefazione ad esse. Il bisogno del rumore a cui la società ci ha ipnotizzato per non entrare più in profondità. Per non sentire più l’autenticità del mondo interiore. Per altri invece, sentire il proprio mondo interiore significherebbe contattare un vuoto intollerabile.
C’è un mondo di bellezza sconfinata, che sfugge costantemente alla nostra vera attenzione. Quando lo guardiamo in modo ordinario, esso ci riflette come uno specchio le nostre aspettative. Enry Bergson sosteneva che gli occhi vedono soltanto ciò che la mente è pronta a comprendere. Siamo così incredibilmente ciechi, credendo di vedere, eppure guardiamo sempre e soltanto nel modo limitato e automatico in cui abbiamo appreso a farlo.
Lontano dalla quiete che è la nostra vera natura, perdiamo il contatto con noi stessi e ci perdiamo nelle cose del mondo”.
Creiamo il nostro spazio di quiete
Leggendo questo brano mi sono resa conto che anche io non avevo molti spazi di quiete e che i miei pensieri erano sempre a rincorrere un’aspettativa, un’idealizzazione.
I miei pensieri spaziavano dal sentirmi bravissima o assolutamente inadeguata. Tutte proiezioni della mia mente. Il segreto è che
ci vuole veramente un po’ di silenzio per riuscire a capire quello che desideriamo veramente
Essere in ostaggio della mente automatica vuol dire correre dietro a pensieri che cambiano di contenuto, ma che sono ripetitivi nelle paure o aspettative. Questi pensieri limitano la conoscenza che ognuno di noi può avere di se stesso.
E’ molto interessante quello che scrive Canil in questo brano, ovvero che vediamo solo quello che la mente è pronta a vedere. Allora abbiamo bisogno di un po’ di silenzio, per riuscire a contattare un’altra parte di noi che non sia solo la mente.
Alla prossima istantanea.