La meditazione di amichevolezza è una meditazione che ci allena ad essere amorevoli con noi stessi e con gli altri. E’ un allenamento di cui noi abbiamo bisogno, dato che nella nostra educazione non ci è stato insegnato a rivolgerci parole d’amore. La preoccupazione degli adulti, almeno ai miei tempi, era che noi ci comportassimo bene con gli altri e non facessimo brutte figure. La meditazione di amichevolezza ti aiuterà a riconoscere che, per quanto difficile ci sembri essere compassionevole verso gli altri, è ancora più difficile rivolgere quella gentilezza a noi stessi.
Scopriremo che se vogliamo trovare la vera pace dobbiamo ascoltare la voce tranquilla della compassione e ignorare le voci della paura, della vergogna, del senso di colpa. La meditazione può aiutarci a farlo.
La gentilezza trasforma le cose, nella mente si disattivano i meccanismi dell’avversione e si attivano quelli di avvicinamento. Questo cambio di atteggiamento favorisce l’apertura, la creatività e la felicità; dissolve le paure, i sensi di colpa, le ansie e gli stress che portano all’esaurimento e all’insoddisfazione cronica.
Gentilezza: abbandonare i pesi e perdonarsi
La gentilezza nasce attraverso l’empatia, la profonda e condivisa comprensione della condizione dell’altro. Le prime volte la meditazione di amichevolezza ti potrà sembrare un po’ difficile, ma ricorda che ha già cominciato ad agire.
Gli studi sul cervello mostrano che l’area cerebrale che si attiva quando proviamo una sincera empatia per gli altri è la stessa che vediamo attivarsi nella meditazione di consapevolezza: un’area chiamata insula. Spesso abbiamo pochissima empatia per i nostri stessi pensieri e sentimenti e cerchiamo di reprimerli, liquidandoli come segni di debolezza.
La ricerca sul cervello con la risonanza magnetica funzionale ha mostrato che nel giro di pochi minuti dall’inizio della pratica di questa meditazione, cominciano ad attivarsi le aree del cervello che governano le qualità di avvicinamento, della gentilezza e dell’empatia.
La paura di coltivare la gentilezza
Forse l’idea di coltivare la gentilezza ci crea qualche resistenza. Abbiamo paura che se smettiamo di combattere facendoci più compassionevoli e accettanti, diventeremo troppo arrendevoli a nostro svantaggio.
Molti scienziati hanno sottolineato l’importanza della gentilezza, della compassione, della curiosità nella vita quotidiana. Loro sapevano che queste qualità portavano a pensare con più chiarezza e a condurre uno stile di vita e di lavoro migliore e più produttivo. Sapevano che essere giudicanti con se stessi e con gli altri non poteva portare al successo.
Albert Einstein, a proposito, diceva che tale convinzione nasce dalla nostra tendenza collettiva ad attribuire il successo alle voci dure e sferzanti che ci sentiamo risuonare nella testa.
L’illusione della coscienza
Einstein scrisse:
“Un essere umano è una parte di quell’intero che chiamiamo universo, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Egli percepisce se stesso e i propri pensieri e sentimenti come separato dal resto: una sorta di illusione ottica della sua coscienza.
Questa illusione è per noi una specie di prigione, che ci confina nei nostri desideri personali e nell’affetto esclusivo per le poche persone a noi più vicine. Deve essere nostro compito liberarci da quella prigione ampliando il cerchio di compassione fino ad abbracciare tutti gli esseri viventi e l’intera natura nella sua bellezza.
Nessuno è in grado di farlo fino in fondo, ma impegnarsi per raggiungere questa meta è già una parte della liberazione, di per sé, ed è un fondamento su cui basare la propria sicurezza interiore”
Alla prossima istantanea