Come possiamo superare il male che, a volte, sentiamo dentro?
Innanzitutto diventando coscienti del fatto che gli stati ansiosi, di vergogna e di senso di colpa, si formano perché giudichiamo male noi stessi.
Abbiamo già visto che questo giudizio l’abbiamo ereditato dalle “sgridate e dal biasimo” ricevuto in famiglia o nella società. Reagire al biasimo con senso di colpa, vergogna e altri stati di malessere, nel tempo si trasforma in un’abitudine e di conseguenza si consolida l’abitudine ad avere atteggiamenti malvagi.
Per approfondire questo concetto, prendo spunto dal libro di Deepak Chopra, “Meditazione totale”:
“L’aspetto essenziale del male, è che è diventato un’abitudine, qualcosa che è stato ripetuto tanto da essere diventato una risposta automatica. Sotto questo aspetto il male è piuttosto banale, non ha alcun potere particolare, per cui riesce ad intrappolarci, se non che fa parte del regno molesto delle cattive abitudini.
Quasi tutti noi adottiamo quotidianamente comportamenti di difesa irrazionali che diventano abitudini. Invece di fare del nostro meglio per migliorarci, inconsciamente ci aggrappiamo proprio a quei comportamenti che ci bloccano e ci ostacolano ad ogni situazione critica”.
Queste abitudini ben ancorate le rivedo in me e anche nei pazienti che ciclicamente soffrono a causa delle ricadute nelle stesse ansie e negli stessi meccanismi mentali. Inoltre ci confrontiamo quotidianamente con il male, facendo dei paragoni con gli altri.
Spesso etichettiamo una determinata persona come cattiva, ma sarebbe meglio dire che si è comportata in modo cattivo, perché difficilmente una persona incarna il male e l’altra il bene.
Il bene e il male sono entrambi parti di noi, decidiamo noi quale dei due coltivare o meno.
Le persone che fanno pesantemente del male hanno alimentato nel corso degli anni dei meccanismi e dei pensieri ripetitivi.
Chopra fa questo esempio: “ci può capitare di avere degli impulsi negativi, presenti nella vita quotidiana come: scattare con le altre persone, incolpare qualcun altro, avere desiderio di vendicarci della persona che ci ha ferito, attaccare per primi per difendersi e sentirci impotenti e coltivare fantasie di vendetta o avere comportamenti avventati.
La maggior parte delle persone affronta una situazione difficile attraverso la difesa, o il contrattacco o la sopportazione o la negazione”.
Se infatti io uso meccanismi di difesa come la sopportazione, è facile che attiri a me persone che mi attaccano.
L’autore aggiunge: “a mano a mano che la consapevolezza si espande, scopriamo nuove risorse che ci consentono una gamma più ampia di comportamenti da adottare in situazioni difficili. A volte è difficile evitare uno scontro, però potremo andare a modificare delle abitudini che vanno ad alimentare questo male”.
Quando riusciamo ad essere consapevoli di quello che stiamo vivendo in quel momento, possiamo evitare di usare i soliti meccanismi di difesa, possiamo riflettere e scegliere di agire in un modo che non ci porti in una spirale discendente di odio, di rancore, di inadeguatezza, di malessere.
Essere consapevoli ci porta a fare scelte consapevoli, scelte che ci porteranno a vivere in modo migliore. Proviamo a fare l’esperienza di non andare nel reattivo durante una provocazione, riflettiamo per dare una risposta che ci porti benessere.
La meditazione ci può aiutare ad allentare i tempi di risposta e capire meglio quello che ci sta facendo soffrire, non attribuendone la responsabilità agli altri.
Potremo quindi scegliere un comportamento che non vada ad alimentare la sofferenza che viviamo come “il male”.
Alla prossima istantanea