Come la pratica meditativa può facilmente diventare un impegno costante ed un allenamento per raggiungere la consapevolezza?
Quello che dobbiamo fare, durante la meditazione, è semplicemente “stare”, ascoltare, non reagire, diventare consapevoli, poco alla volta, di quello che la mente ci sta dicendo, dei nostri pensieri. Ascoltiamo quello che succede anche nel nostro corpo, senza esprimere giudizi o reagire.
Nel libro “Dovunque tu vada, ci sei già“, Jon Kabat-Zinn scrive:
“qual è il mio modo di meditare? Cos’è che voglio esattamente quando medito? Raramente contempliamo la nostra vita con tale spirito di indagine. Con quale frequenza ci soffermiamo su queste questioni, come:
“Chi sono? Dove vado? Quale via ho imboccato? E’ la direzione giusta per me? A che cosa aspiro? Quale cammino vorrei seguire? Che cosa amo veramente?
Riflettere su qual è la mia strada è un elemento importante da inserire nella nostra pratica meditativa, ma non dobbiamo trovare risposte, nè bensì aspettare che ne debba esistere una in particolare. Meglio non pensare affatto.
Insistete invece a porvi la domanda, lasciando che le risposte formulate vadano e vengano da sole, come per qualsiasi aspetto della meditazione, limitatevi ad osservare, ascoltare, a lasciare le cose come stanno, lasciar correre ripetendovi le domande: qual è il mio modo? Quale via scegliere? Chi sono?
In questo caso l’obiettivo è rendersi disponibili a non sapere, magari permettendovi di arrivare al punto di ammettere: “non so”, provando quindi a conciliarvi un poco a questo non sapere, invece di autocondannarvi. Dopotutto, in questo momento, potrebbe essere una precisa descrizione della vostra situazione”.
La meditazione è un cammino che, per noi occidentali, può essere difficile perché vogliamo le risposte nell’immediato, siamo un po’ quelli del “tutto e subito”. Infatti penso che uno dei problemi più diffusi sia quello della dipendenza, sia affettiva che alimentare, che da sostanze come la nicotina oppure la dipendenza dal lavoro.
Viaggiamo come dei treni in corsa per essere sempre efficienti e quando non ci sentiamo efficienti è come se ci mancasse la terra sotto i piedi.
Anche le casalinghe non sono immuni da questo, nonostante il proprio lavoro lo svolgano all’interno della loro casa, vengono prese dal vortice dei lavori casalinghi da sbrigare, tanto da non lasciare spazio, spesso, al tempo da trascorrere con i familiari.
Dietro a questo modo di agire, c’è spesso un amare se stessi solo per quello che si fa, mentre dovremmo imparare ad amarci per quello che siamo, rallentando la nostra vita frenetica ed accettando di non avere sempre le soluzioni in tasca.
Impariamo ad accettare di non sapere e impariamo ad autosservarci.
All’inizio della mia professione ho avuto una paziente con una sintomatologia un po’ particolare: era preoccupata di far del male agli altri. Era la mia prima paziente e mi sono affidata alle parole di un mio professore, il prof. Cancrini, che diceva: “Dovete accettare il buio della mente“.
Questo significa che non possiamo capire già in prima seduta quello che il paziente porta attraverso la descrizione di un sintomo, ma accettando il buio della mente, arriveranno le intuizioni giuste per riuscire ad aiutare nel modo corretto quella persona.
Questo insegnamento mi è stato molto utile sia nella professione, che nella vita.
Nel cammino della meditazione, all’inizio meditare ci può sembrare molto difficile, però perseverando nonostante le iniziali difficoltà, capiremo che è davvero una pratica che possiamo utilizzare quotidianamente.
E’ un esercizio che ci porterà miglioramenti anche nelle relazioni, perché quando riusciremo a reagire sempre meno alle provocazioni e all’irritazione, capiremo sempre qualcosa in più di noi stessi ed entreremo più facilmente in empatia con gli altri.
Possiamo rinunciare, poco alla volta, al “tutto subito” e all’idea di noi stessi super efficienti, per imparare a pazientare, ad osservarci e ci sorprenderemo delle intuizioni e soluzioni che arriveranno.
Alla prossima istantanea