Nel libro “Avrah Ka Dabra. Creo quel che dico“, Dario Canil, psicologo appassionato di sciamanesimo tolteco, descrive quanto noi possiamo essere lamentosi:
“la maggior parte delle persone su questo pianeta è posseduta dalla propria mente, e si tratta di coloro che sono così identificati con l’incessante compulsivo chiacchiericcio mentale, da non porsi mai alcuna domanda in merito.
Una delle strategie predilette dell’ego, il falso sé che la mente di superficie ha creato, è di rinforzarsi mediante la lamentela e il risentimento. Si passa così molto tempo a lamentarsi del comportamento delle persone, magari persino apostrofandole in modo colorito. Oppure delle circostanze della vita che sono viste come inconfutabilmente sbagliate o ingiuste.
L’ego nella sua debolezza ha sempre bisogno di avere ragione e di mettersi su un gradino più su del resto del mondo. Solo così può continuare a mantenere la sua fragile identità”.
La nostra non è l’unica verità
E’ stato molto difficile per me capire queste parole, ho dovuto digerirle pian pianino. Inizialmente ero convinta che quello che la mia mentre mi proponeva fosse l’unica verità, invece poi, auto osservandomi, ho visto le mie dinamiche.
Ho visto che per me era importantissimo avere ragione, e che spesso mi soffermavo a criticare qualcuno. Ho capito quanto tutto quel tempo che passavo a criticare, mi faceva sprecare parecchie energie e non mi faceva evolvere.
Canil ci propone quest’esercizio:
“fai in modo di prestare attenzione a ogni lamentela che emetti, proponiti di essere un autentico cacciatore di lamentele, cercale anche negli altri, non per giudicarli e apertamente criticarli, ma soltanto per affinare la tua arte di rilevamento della lamentela in qualunque sua forma.
Quando ti accorgi che ti stai lamentando, porta alla luce della consapevolezza questo atto, illuminalo, interrompendoti, sorridendo e portando parole e immagini di segno diametralmente opposto, invece di quelle che hai appena smascherato”.
Quello che è anche molto importante, quando facciamo un esercizio di questo genere, è di non cadere nelle critiche su noi stessi.
Se un comportamento del genere fa parte della tua quotidianità, è perché così hai imparato, lo fai da un sacco di anni come hai visto fare attorno a te, non te lo sei inventato. Questo comportamento ce lo siamo ritrovati un po’ addosso.
Importantissimo quando facciamo questi esercizi, notare, vedere il meccanismo, venirne via, senza mai avere biasimo nei nostri confronti.
Siamo qui per apprendere, grazie all’esperienza, al nostro vivere, stando meno nella mente.
Siamo qui per apprendere con benevolenza.
Alla prossima istantanea.