Continuiamo il nostro cammino verso la felicità comprendendo sempre più l’importanza del non attaccamento nella nostra quotidianità.
Giulio Cesare Giacobbe, nel libro “Come diventare un Buddha in cinque settimane”, ci spiega come si verifica il non attaccamento dentro di noi, man mano che abbiamo la consapevolezza della precarietà di ogni cosa.
“Diventa cosciente della precarietà dell’esistenza e quindi della precarietà della presenza nella tua vita delle persone oggetto del tuo possesso affettivo. Esse non sono eterne. Esse non possono esserci per sempre.
Quindi non puoi pretendere la loro presenza. … Pretendere la presenza di qualcuno non è amarlo. In realtà significa essere amati da lui. Dietro questo falso amore infatti c’è un bisogno e quindi una pretesa.
Ma il bisogno non è piacere, è sofferenza, in quanto a perenne rischio di non essere appagato.
La filosofia del Buddha è il piacere, non la sofferenza: è proprio contro la sofferenza, che egli conduce la sua battaglia….. Amore è godere dell’esistenza dell’altro indipendentemente dalla sua presenza”.
Un consiglio che Giacobbe dà, è cominciare a liberarsi da qualche attaccamento materiale. Possiamo, ad esempio, iniziare provando una volta a non guardare una trasmissione televisiva che ci appassiona e fare qualcos’altro.
Ascoltiamo come ci sentiamo, come stiamo trascorrendo il tempo in assenza del nostro svago preferito? Quali pensieri attraversano la nostra mente?
Potremo scoprire che anche in assenza della nostra abitudine, del nostro attaccamento, stiamo comunque vivendo in modo piacevole. Siamo usciti da una aspettativa e contemporaneamente abbiamo potuto fare un’esperienza che ci ha regalato nuove emozioni.
Per questa settimana proviamo a fare questo esercizio e poi continueremo il viaggio per capire l’importanza del non attaccamento, in modo da liberare sempre più la gioia che c’è in noi.
Alla prossima istantanea.