Nella scorsa istantanea abbiamo visto che ciò che definiamo il nostro male, spesso è basato su schemi che la nostra mente ha trasformato in abitudini, cioè in presenza di stimoli simili, reagiamo sempre allo stesso modo abituale, ma per cambiare queste abitudini bisogna metterci un po’ di impegno.
Nel libro “Meditazione totale”, Deepak Chopra ci spiega che queste abitudini originano prevalentemente dalla nostra parte inconscia e ci fa alcuni esempi, come quello dell’alimentazione compulsiva o della tendenza a preoccuparsi troppo.
La coscienza raggiunge ogni risultato in silenzio
Sembrano abitudini molto differenti, ma entrambe hanno qualcosa in comune, provengono dall’inconscio e sono ripetitive.
L’autore scrive:
“La coscienza raggiunge ogni risultato in silenzio, mentre la mente è piena di rumore. Gran parte del rumore mentale ha ben poco a vedere con il pensiero efficace o razionale”
Noi ci appoggiamo molto alla mente per risolvere le nostre preoccupazioni, ma spesso non riusciamo perché il pensiero automatico non è creativo, ripete i soliti schemi appresi durante la nostra vita.
Da quando pratico la meditazione, riesco a trovare risposte al mio malessere cercando il silenzio dentro di me, focalizzandomi sul mio respiro e sul mio sentire. Proprio quando non cerco risposte, arrivano improvvisamente delle intuizioni che mi aiutano a comprendere e a dissolvere il mio malessere: la consapevolezza emerge dal silenzio tra i miei pensieri.
L’autore scrive: “Siete irritati per un motivo piuttosto insignificante, come per esempio quando qualcuno vi supera mentre siete in coda all’ufficio postale. Sapete che dovreste lasciar perdere, ma continuate a ripensarci”.
A questo esempio potrei aggiungere quello che mi capita più spesso e che vedo fare anche da conoscenti: quando in auto ci irritiamo per come guidano gli altri, ci arrabbiamo perché vanno troppo piano o ci tagliano la strada.
In queste situazioni sono maggiormente reattiva e pur sapendo che mi sto irritando inutilmente, difficilmente riesco ad evitarlo. Spesso mi sono chiesta perché ogni volta ricado in questi comportamenti, però non è importante comprenderne l’origine, ma diventare consapevole che è la parte della mente automatica che prende il sopravvento, cioè l’Ego.
Io non ho bisogno di pensieri dolorosi
“Se l’Ego insiste nel ribadire il proprio punto di vista, noi siamo liberi di scegliere un’altra prospettiva più consapevole”.
Ovvero, se ci ritroviamo ad aver pensieri negativi, possiamo fermarci appena ce ne rendiamo conto, e dirci: “io non ho bisogno di te adesso, ed è come se mi ritrovassi a fare una sorta di negoziazione con un frammento dell’Ego. Non stiamo combattendo e nemmeno cedendo. Non insistiamo, ma se il pensiero ritorna, diciamo con dolcezza: non ho bisogno di te adesso.”
Dobbiamo aver chiaro, in questi momenti, che non dobbiamo provare biasimo o giudizio nei nostri confronti se non riusciamo a distaccarci da un certo pensiero. Il dire non ho bisogno di te adesso, vuol dire evitare di dare energia a quel qualcosa che ci crea sofferenza, vuol dire non mettersi in competizione con la nostra parte egoica.
Questa consapevolezza poco per volta ci aiuterà ad uscire dai pensieri e comportamenti automatici.
L’autore aggiunge un altro esempio: “Se un pensiero ripetitivo è più insistente, come l’impulso di mangiare uno snack, fermiamoci un attimo per ritornare in noi, facciamo qualche respiro profondo e sediamoci a meditare”.
Questa è una strategia che possiamo utilizzare per evitare alcune compulsioni e alcuni sintomi da comportamento dipendente, molto frequenti nell’approccio reattivo alla quotidianità.
Tutto subito ci rende felici?
Negli ultimi decenni ci siamo abituati a seguire la filosofia che definisco del “tutto subito”. Vogliamo la gratificazione subito, non abbiamo pazienza di arrivare gradatamente all’obiettivo, per soddisfare il nostro desiderio.
L’autore ci da un altro consiglio: “se il pensiero ricorrente è una preoccupazione, prendiamo carta e penna e scriviamo come ci sentiamo. Continuiamo a scrivere dando libero sfogo alle emozioni, magari ci sembrerà di scrivere in un linguaggio incomprensibile, perché siamo in preda alle emozioni, però intanto scarichiamo una parte emotiva”.
In questo modo mettiamo distanza dai pensieri che la mente spesso amplifica e ingrandisce. Quando riusciamo a parlare di questi nostri pensieri, riusciamo a ridimensionarli e le nostre preoccupazioni o paure diventano più affrontabili e gestibili. E se in quel momento non abbiamo nessuno con cui parlare possiamo scrivere e non farci travolgere.
Chopra aggiunge: “Ogni piccola esperienza dello stato meditativo ci porta a sentirci padroni di noi stessi, a proprio agio e in equilibrio. Insegniamo al cervello a rimanere in quello stato e, nel tempo, il cervello rimarrà sempre nello stato meditativo”.
Quando sentiamo una sofferenza ci dobbiamo fermare e cercare di capire il perché di questo nostro dolore, usando piccole strategie, come quelle suggerite da Deepak Chopra.
L’importante è fermarsi per diventare consapevoli di ciò che sta accadendo dentro di noi e, nel tempo, cambieranno le abitudini che non ci portano serenità e gioia.
Alla prossima istantanea