In un percorso per raggiungere la felicità, dobbiamo parlare anche della sofferenza.
Abbiamo visto che la sofferenza ognuno di noi la vive in modo diverso e che spesso la consideriamo un dato di realtà, invece che derivante da come viviamo gli accadimenti della vita.
Nel libro “Come diventare un Buddha in cinque settimane”, Giulio Cesare Giacobbe scrive di come la psicologia buddista ci può aiutare a liberarci dalla sofferenza e in che modo:
“Non puoi sconfiggere i fantasmi della tua mente rimanendo nella mente, devi uscire dalla tua mente ed entrare nella realtà e proprio questo, per avere attenuato il pensiero, ti permette con grande naturalezza e senza nessuno sforzo, cioè spontaneamente, di attuare il secondo potere della buddità: la presenza nella realtà.
Nella realtà non c’è mai sofferenza, anche questa verità lo so che è difficile da credere. Prendiamo, se vuoi, ancora una volta un caso estremo, ti viene a mancare una persona cara. Tu credi che sia la realtà la causa della tua sofferenza, perché nella realtà quella persona non c’è più, ma è proprio qui il punto. Nella realtà non c’è più quella persona, ma è tutto qui, nella realtà non c’è nessuna sofferenza, il sole continua a sorgere, le nuvole continuano a correre in cielo e gli uccellini continuano a cantare.
La sofferenza è solo dentro di te, tu credi che sia la realtà la causa della tua sofferenza e quindi attribuisci la tua sofferenza alla realtà stessa, ma la sofferenza non è un oggetto che si possa rinvenire nella realtà, è uno stato psichico, cioè una cosa che sta dentro la tua mente.”
Questo è un esempio veramente forte, tanti potrebbero non riuscire a comprenderlo, ma ho potuto sperimentarlo quando ho vissuto il lutto per la perdita di una persona molto cara. Ogni qualvolta mi rendevo conto che rimuginavo su pensieri vittimistici, di mancanza, crogiolandomi nel mio dolore, me ne allontanavo cercando di ricordare i momenti di gioia e condivisione di momenti belli e nutrienti con quella persona e la mia sofferenza si attenuava.
Quei momenti ed i ricordi legati a lei nessuno me li può portare via, ho dovuto accettare che lei non sia più ogni giorno presente nella mia vita, ma ogni giorno posso ricordare i momenti più nutrienti trascorsi insieme e già questo mi aiuta a soffrire di meno.
Il tipo di sofferenza è diverso, sto nell’accettazione, il tempo mi ha aiutato a cambiare le mie abitudini e la mia routine senza di lei. Le nuove abitudini, giorno dopo giorno, vanno a colmare la sofferenza della mancanza nella realtà e nel frattempo posso continuare a nutrire tutta la bellezza dei ricordi e l’amore che ci siamo date.
Questo pensiero molto profondo, può sembrare in apparenza superficiale, ma ricordiamoci sempre che siamo la causa della nostra possibilità di provare più o meno sofferenza, perché sicuramente la perdita di una persona cara è fonte di grande sofferenza, ma essa può venire più o meno intensificata dai pensieri a cui decidiamo di dare energia.
Alla prossima istantanea