Thich Nhat Hanh nel libro “Lottare in consapevolezza” ci parla del fiore di loto e del fatto che questo fiore bellissimo nasce dal fango, così i nostri gesti migliori possono nascere dal nostro fango, quella parte di noi che non vogliamo vedere.
L’autore scrive: “Trasformare la rabbia e la sofferenza rende possibile la felicità. Senza sofferenza non può esserci felicità. Per far crescere i fiori di loto serve il fango, altrimenti non possono mettere radici.
La rabbia e la sofferenza sono il fango che possiamo usare per coltivare la felicità, la compassione e la comprensione. Se sappiamo come gestire e trasformare la sofferenza, soffriremo molto meno. Il fango diventerà un fiore di loto.
Per generare compassione bisogna comprendere ed abbracciare la propria sofferenza. Non cercare di buttarla via, tienila teneramente in braccio come fa una madre con il suo bambino che piange, e osservala in profondità. Allora la visione profonda può sbocciare.
Ciascuno di noi ha dentro di sé molta rabbia e sofferenza. Quando non sappiamo come gestire la nostra sofferenza, continuiamo a soffrire, e possiamo far soffrire anche chi ci sta accanto. Quando qualcuno ci fa del male, la nostra prima reazione è volerlo punire o ferire, ma quando capiamo che gli altri stanno già soffrendo non vogliamo più punirli.
Ascoltare la sofferenza in sé e nell’altro, permette di far nascere comprensione e compassione. Quando la compassione nasce nel cuore, comincia a guarire e trasformare la rabbia e la sofferenza nel cuore e in ogni cellula del corpo”.
Questo brano, per me quasi poetico, ci può spiegare come viviamo la nostra realtà emotiva, soprattutto a proposito dei nostri vissuti quando ci sentiamo giudicati.
La liberazione è vedere il nostro fango
Un paziente in una seduta sosteneva che le persone che fanno del male vanno punite, che esiste il giusto e sbagliato, le azioni cattive e azioni giuste e buone. A prescindere che c’è una legge che punisce chi compie dei reati, ho cercato di spiegargli che quando noi facciamo azioni prepotenti, già soffriamo, solo che magari non ne siamo consapevoli.
La differenza sostanziale è che è più utile vedere il nostro fango, piuttosto che quello degli altri. Fino ad alcuni anni fa, neanche io avrei compreso queste parole, mi sforzavo di comportarmi in modo impeccabile, ma non sempre ci riuscivo.
Se qualcuno secondo me sbagliava mi sentivo in diritto di giudicarlo, perché come mi sforzavo io, doveva sforzarsi anche lui. La liberazione è stata vedere il mio fango: anche io avevo pensieri invidiosi, anche io evitavo delle situazioni, anche io giudicavo molto.
Quando ho iniziato a vedere queste mie parti e a non giudicarle più, anzi ad amare anche il mio fango, sono riuscita ad avere un atteggiamento amorevole e di comprensione verso gli altri. Ognuno di noi agisce per la consapevolezza che ha in quel momento, può fare del male perché in quel momento lì non sa fare altrimenti.
Anch’io in passato, essendo più giudicante, mi trovavo ad essere più rancorosa e quindi alimentavo la mia infelicità.
Non riuscivo a comprendere alcuni gesti degli altri che mi cravano sofferenza, perché non ero consapevole dei miei gesti che creavano sofferenza.
Siamo tutti fiori di loto, però per risplendere abbiamo bisogno del fango, soprattutto di diventarne coscienti.
Alla prossima istantanea