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Home Crescita Personale

Fare pace con se stessi per trasformare la sofferenza

Annaffiamo i semi della felicità grazie alla presenza mentale

Roberta Liberalato by Roberta Liberalato
Febbraio 10, 2021
in Crescita Personale, Meditazione, Mindfulness, Practice, Wisdom
Reading Time: 4min read

Come irrigare, trasformare la sofferenza con semi della felicità

Thich Nhat Hanh nel libro “Fare pace con se stessi”, ci insegna a trasformare la sofferenza attraverso tre metodi:

Il primo consiste nel concentrarci nella semina e nell’irrigazione dei semi della felicità, non ci occupiamo direttamente dei semi della sofferenza, lasciamo che siano quelli della felicità a trasformarli. Si tratta di una trasformazione indiretta. Che può essere come quando cerchiamo di stare più in situazioni nutrienti rispetto a quelle deprivanti.

Il secondo metodo consiste nel praticare con costanza la presenza mentale, in modo da riconoscere i semi della sofferenza appena si sviluppano. Ogni volta che si manifestano lasciamo che la luce della consapevolezza li illumini.

Il terzo metodo serve per curare le afflizioni che ci portiamo dentro fin dall’infanzia, invitarle deliberatamente ad affiorare nella nostra coscienza mentale. Chiamiamo a noi la tristezza, la disperazione, i rimpianti, la nostalgia, che in passato abbiamo avuto difficoltà a contattare, ci sediamo e parliamo con loro come se fossero vecchi amici. Ma prima di invitarli a emergere dobbiamo essere sicuri che la lampada della presenza mentale sia accesa e che la sua luce sia stabile e forte.

 

In passato ho letto molti libri di crescita personale, ne capivo i concetti in modo razionale, ma solo dopo che ho veramente sperimentato su me stessa ho compreso il significato di essi anche a livello interiore.

Vi racconto un aneddoto: ricordo un giorno in cui stavo stirando, ero di buonumore…ad un certo punto ho notato che il mio umore era cambiato… non riuscivo a capire perché..

Mi resi allora conto che avevo fatto un pensiero del tipo “è da tanto che non vedo Maria”, e a questo pensiero avevo aggiunto considerazioni, giudizi, insomma mi ero fatta un vero film.

La presenza mentale e la capacità di osservare i miei pensieri, che nel tempo ho acquisito grazie alle letture e alla pratica della meditazione, mi ha aiutata a rendermi conto molto presto che stavo creando un film che non aveva niente a che fare con la realtà, un film brutto logicamente.

Quante volte in passato mi era capitato di occupare la mente con pensieri brutti e con sentimenti negativi che non avevano niente a che vedere con la realtà che avevo davanti. Mi lasciavo coinvolgere emotivamente dal film mentale in modo inconsapevole, tanto da ritrovarmi poi triste e senza energie.

Come consigliato nel secondo metodo dal nostro maestro Thich Nath Hanh: più sei presente a te stesso più riesci a vedere se stai creando un film mentale e vieni via perché sennò puoi alimentare per ore dei brutti pensieri, inutili, che ti privano di energia e che comunque non hanno a che fare con la realtà.

Invitare le afflizioni nella nostra coscienza mentale

Nel terzo metodo Thich Nath Hanh ci chiede di invitare le afflizioni che ci portiamo dietro dall’infanzia ad affiorare. Questo non è facile, perché in genere cerchiamo di evitare di pensare ai momenti brutti della nostra vita, che però non abbiamo ancora superato, e che in realtà ci creano sofferenza.

Se non ce la sentiamo di farlo da soli, perché non abbiamo ancora allenato abbastanza la nostra consapevolezza, possiamo farci aiutare ad esempio attraverso la psicoterapia, con professionisti affidabili che ci possono aiutare e sostenere.

Se proviamo molta sofferenza possiamo chiedere aiuto e nel frattempo imparare pian piano a portare sempre più consapevolezza nella nostra quotidianità.

Alla prossima istantanea

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