A volte mi capita di esprimere mentalmente giudizi sulle persone che incontro, provo un senso di insofferenza verso chi, magari, fa un tentativo per saltare una coda alla posta, o cose del genere, nulla di particolarmente eclatante.
Oppure provo fastidio se sento persone che criticano e fanno pettegolezzi, probabilmente perché mi fanno da specchio a quando giudico gli altri.
Capita anche a voi? Quanto spesso?
Come riconoscere i segnali dell’infelicità
Certamente in questi momenti non ci sentiamo particolarmente felici, anche queste forme di giudizio sono legate a quello che Eckhart Tolle, nel libro “Il potere di adesso” definisce il “corpo di dolore“:
“Pensi di conoscere una persona, ma all’improvviso ti trovi di fronte ad una creatura malvagia e ne resti scioccato, tuttavia la stessa cosa può avvenire in te.
Fai caso a eventuali segnali d’infelicità dentro di te, sotto qualsiasi forma, (il corpo di dolore n.d.a.) può assumere l’aspetto dell’irritazione, dell’impazienza, della malinconia, del desiderio di offendere, della rabbia, dell’ira, della depressione, della necessità di fare una scenata in una relazione. Cerca di cogliere l’istante in cui si risveglia dall’inattività”.
“Il corpo di dolore vuole sopravvivere come ogni altra entità esistente e può riuscirci solo se ti induce ad identificarti con esso.
Allora riesce a risollevarsi e a prendere il sopravvento, diventare te, e vivere attraverso di te. Si nutre di ogni esperienza dotata di un tipo di energia affine alla sua, capace di creare dolore, rabbia, distruttività, odio, sofferenza, violenza, e anche le malattie.
Quindi ,una volta che il corpo di dolore ha preso il sopravvento su di te, crea nella tua esistenza una situazione che riflette la sua frequenza energetica in modo da trarne nutrimento. Il dolore si nutre solo di dolore, non può cibarsi di gioia perché la troverebbe alquanto indigesta”.
Quando ci rendiamo conto che, improvvisamente, cambiamo umore, osserviamo se il malessere proviene da pensieri di paura o preoccupazione, però a volte, nonostante la consapevolezza dei pensieri sottostanti, non riusciamo a liberarci dal disagio.
Scoprire dell’esistenza del “corpo di dolore” è stato per me illuminante, perché è arrivato nel momento dell’esperienza. Mi è stato chiaro che mi sentivo pervasa da un’energia negativa da cui era difficile liberarmi.
Tolle prosegue dicendo: “una volta che il corpo di dolore si è impadronito di te anche tu senti il bisogno di altro dolore” e quindi possiamo ritrovarci incagliati in situazioni di malessere, come avviene in certe relazioni tra vittima e carnefice.
Vittima e carnefice
Forse non tutti sappiamo che la vittima e il carnefice rappresentano due facce della stessa medaglia. La vittima diventa carnefice quando dice all’altro che è cattivo e così si crea una spirale dolorosa per tutti. Logicamente obietterai che tu non vuoi stare male e fare del male “ma se osservi più da vicino scoprirai che il tuo modo di pensare e di comportarti è costruito per perpetuare il dolore sia per te che per gli altri.
Se tu fossi veramente consapevole lo schema si dissolverebbe: perché desiderare più dolore?
Il corpo di dolore, che è l’ombra scura gettata dall’ego, ha paura della luce della consapevolezza, teme di essere scoperto, la sua sopravvivenza dipende dalla tua identificazione inconsapevole con esso, nonché dalla tua paura inconscia di far fronte al dolore che risiede in te, ma se non lo affronti, non fai risplendere la luce della tua consapevolezza sul dolore, sarai costretto a viverlo e a riviverlo ripetutamente.
Il corpo di dolore può sembrarti un mostro pericoloso che non riesci a guardare, ma ti assicuro che, in verità, è un fantasma inconsistente che non può averla vinta sul potere della tua presenza”.
Alcune mie pazienti hanno partners che le maltrattano, ciononostante non riescono ad uscire da queste relazioni. Se una donna pensa di non essere abbastanza considerata può sempre lasciare un partner che la svilisce, può prendere le distanze dalla fonte di sofferenza per poter vivere meglio.
Perché non sempre riesce a farlo?
Purtroppo quando siamo invischiati dentro al “corpo di dolore” non ce ne rendiamo conto, perché l’ego continua a rimandarci le stesse frasi.
Non si riesce a sentire la sofferenza provocata da quella determinata relazione, che basterebbe allontanarsene per stare meglio, mentre stiamo lì a chiederci perché il partner si comporta con noi in modo “cattivo”, perché non ci dà la considerazione che meritiamo.
Ho fatto l’esempio della relazione sentimentale. ma queste relazioni insane si possono strutturare anche in amicizia o sul posto di lavoro.
Ogni volta che stiamo male dobbiamo fermarci, per andare a vedere quale pensiero ci crea la sofferenza, facendolo useremo la luce della consapevolezza, riusciremo a vedere che il nostro corpo di dolore si ripete perché si nutre sempre della stessa energia.
Per me è la paura di non essere abbastanza adeguata. Ognuno di noi può vedere se dietro ai propri malesseri ci sia uno schema, una paura che si ripete.
Così possiamo smascherare il corpo di dolore.
Alla prossima istantanea.