Nel mio primo colloquio in psicoterapia, la dottoressa Mariangela Abrigo mi inquadrò da subito come “la brava bambina“, quel tipo di persona che a lei “poteva far venire l’orticaria“. Mi disse proprio così!
La mia psicoterapeuta praticava la terapia della Gelstalt, che lavora molto sulle emozioni e già al primo colloquio riuscì a provocarmi un’emozione forte. Quando sono uscita dallo studio pensai infatti che non sarei più tornata, perché se lei non mi sopportava, come poteva aiutarmi?
In realtà sono tornata ed ho portato a termine la terapia e mi ha fatto un gran bene!
Circa un anno dopo, ricordandole questo episodio, lei disse che non aveva inteso dire che non mi sopportava, ma che con lei potevo rinunciare a dimostrare di essere “una brava bambina”, che potevo essere me stessa, spontanea e vera e che potevo piacerle a prescindere da come mi comportavo.
Ma come mai avevo frainteso le sue parole? E quante volte ci capita di fraintendere le parole che ci vengono dette?
Questa cosa ci può capitare in tantissime situazioni, perché leggiamo la realtà esteriore attraverso quello che viviamo nel nostro mondo interiore.
Interpretiamo frasi, parole, sguardi di altre persone, dandogli un significato che è frutto di quello che stiamo vivendo o abbiamo vissuto, della nostra esperienza soggettiva e non è detto che corrisponda a quello che passa per la testa di quella persona.
Per esserne certi dovremmo chiederle conferma se intendeva dirci proprio quella cosa lì, supponendo anche che la sua risposta sia limpida e trasparente, perché non è detto che essa sia disposta a dirci la verità.
Quindi se il nostro interlocutore non ci dice esplicitamente che è arrabbiato o offeso con noi, è inutile che continuiamo ad interpretare i suoi sguardi, le mezze parole, perché ci porta ad un notevole spreco di energie.
Se la maggior parte dei nostri pensieri quotidiani gira intorno a queste elucubrazioni, ci procuriamo un dolore che abbiamo il potere di evitare, mentre possiamo goderci il qui e ora, in cui non abbiamo nessuna conferma che quello che pensiamo sia davvero la realtà.
Rimaniamo sempre vigili e testimoni dei nostri pensieri, sul loro contenuto, e se ci accorgiamo che stiamo andando dietro ad elucubrazioni mentali sull’interpretazione dei comportamenti altrui, possiamo fare due cose: affrontare la persona per chiederle direttamente conferma di quello che stiamo pensando oppure, non avendo la certezza che le nostre conclusioni siano realistiche, smettiamo di seguire questi pensieri che ci appesantiscono e ci allontanano dalla felicità.
Alla prossima istantanea