Mi è capitato recentemente di sentirmi dire che sembro menefreghista, perché non mi preoccupo per quello che mi succede intorno. Le persone che mi frequentano più assiduamente dicono che a volte sembro distaccata da quello che avviene attorno a me.
Effettivamente negli ultimi anni mi preoccupo molto meno di quello che succede, vivo ciò che accade con fiducia, anche se l’evento può sembrare negativo.
L’atteggiamento che viene giudicato menefreghismo, fa in realtà parte di un cambiamento che mi ha portata dallo stare nella paura allo stare nella fiducia. Non credo ad un Dio cattivo che mi vuole punire, quindi penso che se l’evento negativo è successo è perché ha qualcosa da insegnarmi.
Vivo con maggiore leggerezza, perché non temo più nulla.
Anche se ci sono dei momenti nella mia vita in cui mi sento turbata per quello che sta succedendo, riesco a superare facilmente questo turbamento perché ho capito che tutto passa, tutto è transitorio.
Se c’era qualcosa a cui tenevo moltissimo un anno fa, può essere che oggi non ci tenga più così tanto, perché nel frattempo sono cambiata io e anche le cose che desidero. Inoltre ho un’età per cui mi capita sempre più spesso di dover elaborare dei lutti, io stessa sto invecchiando e questo mi fa vedere come tutto sia transitorio, tutto si trasformi.
Anche il pensiero della mia morte non mi preoccupa perché non vedo una fine definitiva, vedo semplicemente la trasformazione. Questo è un pensiero che ho assimilato dalla lettura di testi di filosofia buddista, come ad esempio il libro di Giulio Cesare Giacobbe intitolato: “Come diventare un Buddha in cinque settimane”.
L’illusione delle certezze
L’autore scrive: “La scoperta del continuo cambiamento della realtà, ha su di noi una capitale conseguenza. Noi diventiamo consapevoli che non c’è niente di fisso a cui possiamo attaccarci.
E quindi ecco che si sviluppa spontaneamente in noi, il quarto potere della buddità: il non attaccamento.
La realizzazione del quarto potere, il non attaccamento, è il passo più difficile da compiere … ma è anche il più importante, perché esso costituisce un effettivo e definitivo passaggio dalla personalità infantile alla personalità adulta.
Costituisce un abbandono totale e definitivo del bisogno di protezione, di punti di riferimento, di sicurezza. Non c’è sicurezza infatti nel mondo reale. Proprio perché il mondo reale è in continuo cambiamento. Quindi non vi sono né punti di riferimento né sicurezze.
La realtà a volte ce lo mostra con brutalità questo fatto, come quando perdiamo una persona cara”.
Questo esempio ci mostra come, per alcuni momenti, possiamo essere consapevoli di come la nostra vita si trasformi e vada avanti comunque.
L’autore aggiunge: “ma un attimo dopo per autodifesa, ricadiamo nell’illusione della permanenza, della staticità e della sicurezza. E’ il nostro attaccamento che ci dà l’illusione di punti di riferimento e di sicurezze”.
Giacobbe evidenzia come dei punti di riferimento ne abbia bisogno solo il bambino e, quando diventiamo adulti, le sicurezze dovremmo trovarle in noi. Proprio questo concetto è quello che mi aiuta a sentirmi più leggera, che riuscirò a fare la scelta migliore per me anche in una situazione disagevole.
Questa sensazione in passato non l’avevo e quindi mi veniva di controllare che tutto andasse come desideravo. Ora quando mi succede qualcosa di disagevole, riesco o ad adattarmi o a trovare anche degli aspetti positivi ad un cambiamento che non mi aspettavo o desideravo, per lo meno inizialmente.
Non mi fa più paura di andare incontro a nuovi eventi e questo atteggiamento di non attaccamento, di non controllo sugli gli eventi della vita, mi permette di essere più curiosa e dinamica.
Emerge così questa leggerezza con cui affronto la vita, che non è certamente superficialità, ma è la capacità di lasciare andare, è possibilità, è fiducia.
Alla prossima istantanea